STORIA

Sul finire degli anni sessanta l'Alfa Romeo, nella persona del suo amministratore Giuseppe Luraghi, decide che è arrivato il momento per di estendere la gamma non solo verso l'alto, con la futura Montreal, ma anche verso il basso, progettando una utilitaria del segmento definito odiernamente C. Per questo richiama in Alfa Romeo un ingegnere austriaco, che già aveva collaborato con lui dal 1954 al 1959 per il progetto Giulietta, resosi disponibile dopo l'avventura Simca, per mettere in pratica la sua idea: Rudolf Hruska. L'obiettivo è progettare una vettura completamente nuova, partendo da zero, da un foglio bianco, così come la fabbrica che dovrà produrla nel Mezzogiorno d'Italia, a Pomigliano d'arco dove l'Alfa aveva già degli insediamenti produttivi (l'Alfa Romeo Avio dove venivano costruite tra le altre le Dauphine e R4 su licenza Renault).
Hruska mise insieme in poco tempo una squadra d'eccellenza con a capo l'ing. Domenico Chirico. Il cahier de charge prevede un quattro cilindri boxer - non dimentichiamo che Hruska ha iniziato la sua carriera col professor Porsche, padre del maggiolino - montato anteriormente e raffreddamento ad acqua.
Questa disposizione del motore oltre che favorire la tenuta di strada visto il baricentro più basso, ha permesso un cofano basso una ottima visibilità e molto spazio interno.
Il "cahier de charge" parlava di cilindrate comprese tra 1200 e 1500 cc. Chirico decise di sviluppare prima il 1500 cc da cui si sarebbe derivato il 1200 cc. Facendo nascere la vettura con il 1500 e non fu necessario inseguire il progetto con continue modifiche e sopratutto si creò un motore sovradimensionato ed affidabile per le cilindrate più piccole.
Le innovanzioni però non si limitano solo al motore. Le sospesioni anteriori, pur ispirandosi allo schema Mac Pherson, vengono completamente riviste dagli ingegneri Alfa Romeo: gli ammortizzatori per favorire la rigidità dell'insieme vengono fissati rovesciati - come le moto Ducati di oggi - e inseriti in un supporto rigido che evita la deformazione in virata. Posteriormente la sospensione indipendente ad assale rigido viene aggiornata con parallelogrammi di Watt per dare effetto sterzante anche al retrotreno.
Per completare la meccanica sopraffina l'impianto frenante a quattro dischi di cui gli anteriori inboard - ovvero all'uscita del cambio - per ridurre le masse non sospese. Questo sistema fa gravare meno peso sulle sospesioni e rende più pronto e più leggero lo sterzo. Il freno a mano viene messo sulle ruote anteriori per renderlo un vero e proprio freno di "emergenza" visto che più del 60% della frenata in un'auto avviene all'avantreno. Da sottolineare anche il fatto che l'Alfasud fu fra le primissime vetture in Europa ad impiegare pneumatici della serie 70, divenuti poi diffusi su tantissime altre vetture. Tale pneumatico viene progettato ad hoc dalla Pirelli, tant'è che i primi collaudi in strada del prototipo Alfasud vengono fatti con le gomme 165/80 R13.
Per quello che riguarda la linea Rudolf Hruska, che come abbiamo detto proveniva già da esperienze Alfa Romeo e dalla Fiat - per la 850 Spider - chiese consiglio a colui che aveva già in precedenza collaborato con lui in Bertone ovvero il giovane stilista Giorgetto Giugiaro. Proprio nel febbraio 1968 infatti Giugiaro, con Aldo Mantovani, fonda a Torino la SIRP, subito rinominata Italdesign (www.italdesign.it). Lo stesso Giugiaro dirà nel corso di un intervista: "I primi studi sono stati fatti nell'agosto del 1967, quando ancora non esisteva l'Italdesign, che è nata l'anno dopo. Nel novembre del 1967 erano già pronti i primi tre modelli in polistirolo, a scala 1:1, per una scelta iniziale. L'alfasud è la prima commessa.
Racconta Giugiaro: "Agli inizi del 1967 ebbi un incontro con l'ing. Hruska, che mi chiese di disegnare la futura Alfasud. Parlammo molto, e alla fine accettai. Hruska aveva la futura macchina già tutta nella testa, ed infatti mi disse il passo, la carreggiata, l'abitabilità interna (che doveva essere uguale a quella della 124), la capacità del grande baule, la distanza fra il volante e lo schienale e tante altre misure, ingombri, particolari, che io scrivevo su un pezzetto di carta per ricordarmeli." Le indicazioni di Hruska infatti sono di realizzare una vettura compatta, ma dalla grande abitabilità interna; L'ingegnere, che era una persona molto alta, voleva che con una persona come lui al volante, un'altra persona della sua stessa taglia stesse seduto confortevolmente sul sedile posteriore. A complicare di più le cose ci si misero le famose "valige Hruska" - le descriveva così l'ingegnere: "una valigia di grandi dimensioni che mi consentiva di stare in giro otto-dieci giorni" - che crearono il non piccolo difetto estetico e strutturale delle cerniere esterne al baule.
Racconta sempre Giugiaro a Gente Motori: "L'ingegner Hruska, infatti, aveva stabilito precise misure per il bagagliaio e non ha 'mollato' neppure di un centimetro. Ha sempre detto che l'Alfasud doveva essere pratica, pratica, pratica; ha voluto che nel baule ci stessero quattro valigie enormi, che forse non sono neppure in commercio tanto solo alte e larghe, e io ho dovuto condizionare la linea a questa esigenza."
A Gente Motori Giugiaro risponderà così ad una domanda su come la meccanica abbia influito sulla linea: "Ha influito moltissimo, è chiaro, e non potrebbe essere altrimenti. Però con l'Alfasud c'è stato un modo diverso di lavorare. Mi spiego: solitamente il carrozziere prende una vettura già esistente e le mette addosso l'abito che preferisce. Questa volta, invece, l'auto non c'era ancora, essa era delineata da un capitolato derivante da un approfondito studio di mercato dell'Alfa Romeo, e quindi meccanica e linea hanno proseguito di pari passo. Ho lavorato sotto la continua guida dell'ingegner Hruska e posso dire di non aver tracciato un segno con la matita senza la sua approvazione. Insomma, è un po' quello che succede con le canzoni. Per alcune nasce prima la musica (che per noi sarebbe la meccanica) e poi si va dal carrozziere perché ci appicchi su le parole (la carrozzeria); per altre canzoni parole e musica nascono contemporaneamente. Quest'ultimo è il caso dell'Alfasud. E devo dire che è un sistema di lavoro molto più esaltante, che dona maggiori soddisfazioni."
Come potete vedere queste sono le caratteristiche di una sportiva dalla meccanica evoluta in tipico stile Alfa. A questo punto però i costi di produzione sono lievitati parecchio. Un piccolo passo indietro: quando Luraghi richiamò in Alfa Romeo Hruska, egli accettò a condizione che l'azienda accogliesse anche tutto il suo staff, ovvero i 28 tecnici italiani della SIMCA che, poco prima, era stata ceduta alla Chrysler dalla FIAT. Ebbene parte di questo staff fu deputato al governo dei costi. Questi tagliarono tutto quello che si poteva tagliare ed andro oltre: privarono la nuova macchina del servofreno (rimesso come optional dopo pochi mesi di produzione), della quinta marcia (che avrebbe fatto guadagnare, grazie ai diversi rapporti, qualcosa in ripresa), di finizioni all'altezza del nome Alfa Romeo (plastica in tutto l'abitacolo, tappetini in gomma e sedili solo in skai). Come sottolinea a posteriori l'Ing. Chirico queste persone non erano per nulla permeate dello spirito Alfa, non capirono che il cliente era disposto pagare qualcosa in più solo perché poteva mettersi in garage una vettura del Biscione.